Notte e nebbia: una visione della dittatura del futuro
La città si sveglia nel grigiore di un’alba senza colori.
Il cielo è una distesa compatta di nubi, un tetto basso che soffoca ogni luce. Camminando tra i palazzi, si percepisce una tensione nell’aria, quasi elettrica. Sembra preludere a una tempesta che tutti temono ma che nessuno osa nominare.
Sui monitor delle vetrine e dai droni volanti, i notiziari trasmettono una litania continua: crisi, pericolo, nemico. Le immagini scorrono senza sosta, alimentando un clima di paura e aggressività.
I media, ormai strumenti di regime, fondono verità e menzogna in una narrazione unica e dominante. È la manipolazione dell’informazione, il volto sofisticato della dittatura del futuro.
Nelle case, le famiglie vivono notti insonni, sommando debiti e incertezze. La corruzione morale e politica domina ogni istituzione. Il potere ride chiuso nelle sue stanze insonorizzate, mentre nelle strade la gente si azzuffa per sopravvivere.
La perdita di valori è ovunque. La laicizzazione forzata ha svuotato ogni simbolo. L’ambiente è compromesso: l’aria è densa, le piogge sono violente, la terra arida.
L’intelligenza artificiale ha sostituito il pensiero critico. Gli algoritmi decidono ogni cosa, riducendo le persone a numeri e profili di consumo. La fiducia è un’illusione: si obbedisce per abitudine, per paura.
La vera malattia è lo svuotamento dell’io. Nessuno prova empatia. Gli schermi insegnano a interagire senza contatto, a parlare senza ascolto, a guardare senza vedere.
Il culto dell’apparenza domina: corpi perfetti, sorrisi forzati, vite filtrate. In questa dittatura del futuro, i valori sono rovesciati: sopraffazione, ambizione cieca, competitività senza etica.
Il ritorno al pensiero totalitario è nei discorsi quotidiani, nelle leggi approvate in silenzio. Le disuguaglianze sono diventate sistema. I pochi privilegiati abitano città dorate, protetti da muri. I molti vivono nel degrado.
Genere, etnia, povertà: tutto ciò che è diverso è considerato colpa. Così si viaggia, nella nebbia, senza timone, verso un conflitto globale inevitabile.
Luce nella nebbia
La bambina si chiama Luce. Ha sei anni, ma non conosce il tempo. Non ricorda un tramonto, né un giorno in cui l’aria non sapesse di ferro e gas.
Napoli è coperta di slogan. Le facce in bianco e nero dominano ogni muro. Le squadracce nere marciano ritmicamente, controllano ogni volto, ogni gesto.
Ogni mattina, Luce va a scuola. Non esistono più libri, solo schermi. Non ci sono domande, solo risposte programmate. Le maestre vestono di grigio e parlano senza emozione. Insegnano una storia riscritta, costruita per il regime.
Luce ascolta. Non comprende. Ha imparato solo che se si comporta bene, riceve pane. Se sbaglia, finisce nei campi di rieducazione per bambini. Nessuno parla di chi ci è finito.
Napoli non è più quella dei vecchi racconti. Il mare è grigio, il cielo immobile, le strade percorse da camion blindati. Gli uomini “veri” portano stivali e teste rasate. Dicono che stanno riportando onore alla patria.
Le donne abbassano lo sguardo, vestono di nero. «Per la decenza, per la moralità», recitano i manifesti. La madre di Luce non sorride mai. È giovane, ma già consumata.
Il padre è al fronte del Nord. Ogni tanto arrivano lettere che la madre stringe e piange. Luce non sa leggere. La città è divisa. I fedeli vivono in alto. I ribelli, relegati ai margini, aspettano la morte dietro i reticolati.
Tutti i segni del passato sono stati cancellati. I monumenti oscurati. Solo la dittatura del futuro sopravvive, in ogni angolo, in ogni suono.
Luce non sa cosa sia sperare. Vive, obbedisce. Ogni giorno sente esplosioni lontane. I megafoni gridano:
«Andate avanti. Nulla da vedere».
Nessuno si volta. Solo chi resta invisibile sopravvive.
A scuola, l’edificio è grigio, senza finestre. L’aria sa di disinfettante. I bambini marciano silenziosi. Si siedono composti, le mani sulle ginocchia.
Ogni mattina inizia con la Grande Madre della Patria sullo schermo. Il suo volto immobile, la voce senza inflessione. Dice:
«Fratelli d’Italia, l’ordine è stato ristabilito.»
Le maestre sorvegliano i banchi, le mani leggere come coltelli. Se uno distoglie lo sguardo, la pressione aumenta.
«La disciplina è forza. Il caos è debolezza.»
Luce ascolta. È sempre stato così. Le hanno insegnato che il mondo prima era sporco e debole. Solo patria, famiglia e obbedienza sono valori veri.
«Abbiamo epurato i traditori. Siate fieri di servire la Nuova Italia.»
Ma Luce non sa cosa significhi “essere fiera”. Conosce solo il grigio.
*L’espressione Nacht und Nebel (“Notte e nebbia”) fu usata dal regime nazista per indicare un decreto segreto emanato da Hitler l’8 dicembre 1941. Questo decreto autorizzava la cattura e la deportazione segreta di oppositori politici e partigiani nei territori occupati, con l’obiettivo di farli sparire senza lasciare traccia. I prigionieri venivano trasferiti nei campi di concentramento o giustiziati in segreto, in modo che le loro famiglie non ricevessero alcuna notizia su di loro. L’idea era quella di seminare terrore tra la popolazione e scoraggiare ogni forma di resistenza.
