
La violenza domestica non sempre si presenta con grida e lividi. A volte è silenziosa, nascosta tra le pieghe della quotidianità, celata dietro occhiali scuri e abiti castigati.La casa di mia madre è rimasta immobile nel tempo. Un museo polveroso di piccole cose di cattivo gusto, come direbbe Gozzano: soprammobili di porcellana, centrini ricamati, statuette di santi con lo sguardo severo.Ogni angolo trattiene un frammento di vita, come se volesse obbligarmi a ricordare.
La casa dell’infanzia e l’identità Smarrita
tutto è come lo ricordavo. Ma io non sono più la stessa. Entro e chiudo la porta. Mi fermo davanti allo specchio dell’ingresso, lo stesso in cui da bambina giocavo a truccarmi.Ora riflette un’immagine che non riconosco. Vesto di nero. Il mio abito lungo mi stringe come una gabbia. Ai piedi scarpe basse. Sul volto, grandi occhiali scuri. Dietro di essi posso osservare, senza essere vista.Mi tolgo il cappotto e lo poggio sulla poltrona. Una ciocca sfugge dalla crocchia, sistemata stamattina per il funerale di mia madre.Mi guardo ancora, cercando un segno. Ma lo specchio tace.
Il silenzio dopo la morte
La casa è immersa in quel silenzio che solo chi ha perso può capire. La pioggia scivola lenta sui vetri. Il ticchettio dell’orologio scandisce ogni secondo come una condanna.Entro nella sua stanza. L’odore di medicinali è forte. Apro i cassetti, senza sapere cosa cerco. Un ricordo? Un pretesto per restare?Poi la vedo: una busta ingiallita, con il mio nome scritto a mano. Maria. Il tratto è quello di mia madre: delicato, spezzato.
Una lettera sulla violenza domestica
Mi siedo sul letto. La busta profuma di sapone, come lei. Estraggo il foglio. Inizia così:> “Maria mia,non so se leggerai mai queste parole, ma scriverle mi dà forza.Voglio raccontarti la mia verità. Il silenzio mi ha distrutta.Tuo padre non era l’uomo che tutti credevano…”Leggo e rivivo. Ricordo quella sera: avevo sei anni. Lei era seduta a terra, un fazzoletto sull’occhio. Disse che era caduta. Le credetti.Poi penso a me. Anche per me, la prima volta fu per una sciocchezza. Uno schiaffo. Poi un mazzo di fiori. Poi altri schiaffi. E io che imparavo a nascondere.La lettera continua:> “Ho visto il tuo silenzio. Ho visto i tuoi occhi abbassarsi.Non lasciare che il tuo cuore si spenga. Spezza questa catena.”
Il coraggio di guardarsi allo specchio
Poso la lettera e mi alzo. Ritorno allo specchio.Tolgo gli occhiali. Il livido intorno all’occhio è lì, evidente. L’ultimo schiaffo. Ora non posso più ignorarlo.Lo specchio riflette chi sono: una donna spezzata, ma viva.
Una nuova vita, fuori dalla violenza
Non tornerò da lui. Non permetterò che mia figlia viva nella menzogna. Esco, con la lettera stretta al petto. La pioggia mi bagna il volto, ma sento il freddo come qualcosa di vivo.È il primo passo verso una nuova vita. Portando con me il coraggio di mia madre.
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dalle Nazioni Unite.Si ricorda il sacrificio delle sorelle Mirabal, attiviste dominicane uccise dal regime di Trujillo nel 1960. Le loro storie sono simbolo della lotta contro la violenza e l’omertà.Raccontare significa dare voce a chi non può più parlare. Significa rompere il silenzio.
[…] è piena di non-luoghi: dimenticati, come dimenticate sono le vite delle ragazze che si cerca di ridurre a numeri, a casi isolati, a tragiche fatalità. Ma ogni una di loro ha una storia, e ogni storia una […]