Working poors in Italia

Working poors in Italia: lavorare e rimanere poveri

In un’epoca in cui il lavoro dovrebbe essere la principale via d’uscita dalla povertà, per molti italiani non è così. Sono i working poors: persone che lavorano regolarmente ma non riescono comunque a vivere dignitosamente. In questo articolo esploriamo la loro realtà, attraverso dati, analisi e l’intervista a un lavoratore che racconta la sua esperienza quotidiana.

Chi sono i working poors

Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), in Italia nel 2022 i working poors erano circa 1,7 milioni, pari al 7,3% della forza lavoro. Non si tratta di fannulloni o semplici percettori di sussidi. Sono persone qualificate, con anni di esperienza, che lavorano a tempo pieno, spesso con turni estenuanti.

Testimonianza: vivere da working poor

Abbiamo raccolto la testimonianza di un lavoratore nel settore della sicurezza privata.

1. Qual è il tuo lavoro attuale e cosa fai?

Lavoro in un’azienda di sicurezza privata. Mi occupo del controllo accessi, vigilanza e gestione di situazioni di emergenza.

2. Quante ore lavori alla settimana?

Il contratto prevede 42 ore settimanali, ma in realtà lavoro circa 72 ore, inclusi sabati, domeniche e festivi.

3. Hai una qualche forma di stabilità?

Il contratto nazionale garantisce il passaggio di appalto in caso di cambio committente (art. 23), ma spesso le nuove aziende offrono condizioni peggiori. Gli stipendi non superano i 1200 € lordi.

4. Il tuo stipendio è adeguato?

No. Ogni salario dovrebbe rispettare il principio di equità. Qualsiasi paga inferiore a 9 € l’ora è inadeguata.

5. Riesci a coprire le spese mensili?

A fatica. Rinuncio spesso a svaghi e, a volte, anche al necessario.

6. Ti capita di dover scegliere cosa pagare?

Sì. Pagare tutto è impossibile, ma cerco sempre di onorare i miei impegni.

7. Ricevi aiuti statali?

Solo l’assegno unico per mio figlio. Nient’altro.

8. Sei costretto a fare più lavori?

Vorrei, ma non ho né tempo né energie. 12 ore al giorno sono già troppe.

9. Quanto il lavoro incide sulla tua vita personale?

Riesco a stare con la mia famiglia solo nei ritagli di tempo. Sono spesso stanco e nervoso, e mi sento in colpa.

10. Come gestisci lo stress economico?

Leggo, immagino un futuro migliore per mio figlio, e spero.

11. Hai dovuto rinunciare a opportunità importanti?

Sì. Anche alla salute: ho rinunciato a curarmi per pagare bollette.

12. Hai diritti e tutele sul lavoro?

La mia azienda rispetta il contratto, ma il problema è lo stesso contratto: stipendi bassi e aumenti ridicoli (270 € lordi in 3 anni).

13. Hai cercato alternative?

Sì. Ho una formazione classica, ma il mio profilo non è “spendibile”. Ho 50 anni e partecipo ancora ai concorsi pubblici, senza risultati.

14. Cosa dovrebbe cambiare?

Servono salario minimo garantito e tagli veri al cuneo fiscale. I bonus sono propaganda.

15. Cosa diresti a un politico?

Vieni a lavorare con me per un mese. Paga mutuo, bollette e spesa con il mio stipendio. Forse capirai davvero.

Conclusioni: il valore nascosto dei working poors

I working poors non sono casi isolati. Sono la spina dorsale silenziosa del nostro sistema. Lavorano con dedizione, affrontano sacrifici, ma restano invisibili. È tempo di ripensare le politiche economiche: non basta lavorare, serve garantire una vita dignitosa. Ogni lavoratore merita rispetto, diritti e un futuro.



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