Rituali Perduti
Il giardino della memoria
«Quando il giardino della memoria inizia a inaridire, si accudiscono le ultime piante e le ultime rose rimaste con un affetto ancora maggiore. Per non farle avvizzire, le bagno e le accarezzo dalla mattina alla sera: ricordo, ricordo, in modo da non dimenticare.»
— Ferit Orhan Pamuk
Pertanto, ogni buon cittadino napoletano, incolpevole depositario di quasi trenta secoli di storia, dovrebbe curare le sue radici antropologiche e culturali, per non disperdere il senso di appartenenza identitario nel melting pot generato dalla globalizzazione.
Radici e ali
Miti, tradizioni, leggende fanno parte dell’humus che ha da sempre nutrito la cultura dei popoli. La fertile Partenope ne è fiera depositaria di molti. Ad esempio, un antico rituale tutto napoletano legato alla figura di San Liborio, a cui le donne affette dal “mal della pietra” (calcoli) partecipavano per impetrare la grazia della guarigione dal dolorosissimo fastidio.
È ricordato col nome di “scopata della Pignasecca” e aveva luogo ogni 22 di luglio, in ricorrenza della festa del Santo. Il rituale si originava dalla chiesetta seicentesca dedicata al Santo Vescovo di Le Mans, edificata dai frati del vicino convento di Santa Maria alla Carità per consentire ai fedeli di riverire la statua del Santo senza intralciare le funzioni della vita monastica.
Il cerimoniale della scopata
Dopo la messa solenne, il parroco aspergeva di acqua santa scope e ramazze. Gli arnesi benedetti venivano poi affidati alle donne che volevano partecipare al cerimoniale. Le oblate iniziavano a spazzare l’edificio di culto come forsennate. Terminata la superficie della parrocchia, il rito proseguiva per le strade della Pignasecca fino alla piazza dello storico mercato rionale.
Le “aspiranti miracolate”, oltre a sopportare il caldo torrido delle estati napoletane e la fatica del rito di guarigione, dovevano sorbirsi le ingiurie e i doppi sensi (certamente a sfondo sessuale) espressi dalla popolazione maschile che accorreva in massa ad assistere dal quartiere in festa.
Origini pagane e superstizioni
La cerimonia si fa derivare dalle tradizioni pagane contadine legate ai tempi della raccolta del grano. L’intera zona che si estende dall’attuale piazza Dante fino al colle di Sant’Elmo, era fino all’inizio del XVI secolo un borgo agricolo chiamato Limpiano. In quella strana commistione di credenze che era l’inizio dell’era cristiana, molte feste pagane vennero sovrapposte, sostituite o tollerate dalla Chiesa Cattolica per non “turbare la popolazione”.
Fatto sta che in tanti, ancora oggi, tendono a “spazzare” alle spalle delle persone cui si crede portatrici di “fascino malefico”.
La chiesa perduta e la memoria salvata
Questa strana cerimonia si è persa tra le pieghe del tempo e con essa è sparita la stessa chiesa di San Liborio (dichiarata pericolante nel dopoguerra, fu definitivamente sconsacrata nel 1956). Fortunatamente non andarono distrutti gli archivi storici parrocchiali: la zona della Carità era infatti la “Montparnasse” degli artisti napoletani del Sei-settecento.
Tra i tanti documenti di nascita apprendiamo che ivi fu battezzato, il 26 ottobre 1685, il grande musicista Domenico Scarlatti.
Un’immaginazione musicale
Con un piccolo sforzo d’immaginazione e con partecipe divertimento, figuriamoci una delle “scopate rituali” svolta col sottofondo della sonata per clavicembalo K 1 in re minore (ascolta qui) composta dallo stesso Scarlatti.
“Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!”
— Johann Wolfgang von Goethe
📚 Approfondimento: Goethe a Napoli
Il 25 febbraio 1787, Johann Wolfgang von Goethe giunse a Napoli durante il suo celebre Viaggio in Italia, parte del Grand Tour che lo portò a esplorare le meraviglie del Sud. Affascinato dalla vitalità della città, dalla sua bellezza caotica e dalla spiritualità popolare, Goethe scrisse:
“Siehe Neapel und stirb!”, tradotto in italiano con “Vedi Napoli e poi muori””
Visitò luoghi come la Solfatara, il Teatro San Carlo, Spaccanapoli, Pozzuoli e il Lago d’Averno, lasciando testimonianze vivide nel suo diario. Il soggiorno napoletano lo segnò profondamente, tanto da definire Napoli «la città più bella del mondo».
Puoi esplorare il racconto completo del suo viaggio sul sito del Goethe-Institut di Napoli.
Il libro Viaggio in Italia, che raccoglie le sue impressioni, è disponibile anche presso Edizioni Intra Moenia.



