La Niña: Furèsta

la voce selvatica del Sud che canta la libertà

 "Pensare meridiano significa resistere alla dittatura della velocità, e dare valore alla lentezza, alla profondità, al margine."
— Franco Cassano - Il pensiero meridiano - Laterza,1996
La Niña Furèsta
La Niña – ritratto di Antonio Nacarlo

La Nina non si può raccontare con un’etichetta. È un corpo che danza tra parole antiche e beat elettronici, una voce che mescola preghiera e rabbia, una poetessa urbana che non ha paura di sporcarsi i piedi nel fango pur di restare vera.

In un tempo di voci confezionate e narrazioni di plastica da talent, la Niña è una presenza che non si lascia addomesticare. Selvaggia, consapevole, carnale e poetica, Carola Moccia incarna una nuova e radicale femminilità mediterranea. Il suo ultimo lavoro, Furèsta (2025), è un manifesto di libertà e radici, di corpo e spirito, in cui Napoli non è solo città ma grammatica dell’anima.

“Non direi che si è trattato di una scelta, piuttosto di un assecondare la mia natura in maniera totalmente libera”,

Ha dichiarato La Niña parlando del titolo Furèsta. La parola, in napoletano, descrive chi è selvatico, indomabile, chi porta addosso il segno di qualcosa di naturale, puro, non ancora piegato dal compromesso.

“Furèsta”, racconta, era un termine che la madre usava da bambina per descrivere i loro gatti. Oggi quella parola si rivela profetica, quasi un destino: è diventata specchio della sua identità artistica.

“È un album pieno di animali, dunque selvatico. Furèsta dice molto anche di me.”

E in effetti La Niña non interpreta un personaggio: è se stessa, radicalmente. Non veste maschere, non imita mode. Segue un istinto. Il suo canto è una scelta ontologica prima ancora che estetica.

La filosofia del Sud

Con alle spalle una laurea in Filosofia e Storia, Carola Moccia ha interiorizzato un pensiero che attraversa la musica come sottotesto: quello del divenire, dell’identità in trasformazione, dell’assenza di confini netti tra ragione e istinto. Nei suoi brani, il pensiero si fa carne.

Filosofia e tradizione orale, oralità e elettronica, femminismo e sacralità arcaica convivono in un linguaggio che è tutto suo. La Niña canta in napoletano come se fosse aporia risolta: lingua viva, ma con dentro il peso millenario delle donne e degli uomini che l’hanno pronunciata, sofferta, amata.

Nel mondo di Furèsta, ogni canzone è un piccolo rito. Un atto di liberazione. Lontana dagli artifici della discografia di massa, La Niña si muove nel solco di chi ha fatto della musica un atto di resistenza culturale: Marcello Colasurdo, Fausta Vetere, Marina Pagano. Ma la sua è una voce nuova, che guarda avanti, che strizza l’occhio alla world music più colta (alla Peter Gabriel, per intenderci), eppure resta incollata alla terra, alle sue viscere.

Una nuova tradizione

Dal 2019 ha scelto di scrivere in napoletano, abbandonando l’inglese degli esordi londinesi con il duo Yombe. Con l’album Vanitas (2023), prodotto da Kwsk Ninja (compagno di vita e direttore artistico del progetto), ha già mostrato una direzione chiara: mischiare beat elettronici, tamburi ancestrali, testi intimi e sociali.

Con Furèsta, La Niña va oltre. Non è solo musica, è visione. Il suono è materico, ruvido, essenziale. I testi evocano figure simboliche, animali, madri, sangue, riti. C’è Napoli, sì, ma è una Napoli sotterranea, notturna, carnale. Non folkloristica, non estetizzante. È una città interiore.

Eppure La Niña è anche figlia del suo tempo: nel 2023 ha esordito come attrice nella serie “La voce che hai dentro” con Massimo Ranieri, ha scritto colonne sonore, collaborato con artisti come Clementino, Peppe Barra, Myss Keta. Ma il suo cuore resta sempre lì, dove ha avuto origine: tra la filosofia e la tammurriata, tra la nuda verità e la poesia.

Figlia da tempesta

Tra i suoi brani più celebri, Figlia da tempesta è diventato un inno femminista cantato nelle piazze, un grido d’appartenenza e di emancipazione. In quella canzone c’è tutto: la rabbia, la dolcezza, la consapevolezza di chi ha imparato che essere donna, oggi, significa anche sapersi difendere col canto.

Una vera artista a 360°

La definizione che più le si addice, forse, non viene dalla critica ma dalla sua stessa discografia: Furèsta. Selvatica, viva, libera. In un mondo che cerca il consenso, lei sceglie l’autenticità. Non chiede di piacere, chiede di essere ascoltata.

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